Foresta

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Oggetto di innumerevoli dispute, la foresta si presentava come un’autentica perla per l’economia rurale grottagliese. La foresta era un bosco di querce in cui era presente anche la macchia che, parallelamente alle altre colture tipiche dell’habitat, non sfuggiva alle attenzioni degli allevatori grottagliesi e martinesi che, con accanita concorrenza, tentavano di assicurarsi in gestione.

Particolarmente importante era la così detta Macchie dè Tordi, di cui purtroppo non si ha più memoria in quanto subì probabilmente delle trasformazioni colturali che cominciarono, del resto, a farsi sentire su tutto il territorio grottagliese.

Stemma Grottaglie

Immagine di repertorio 

LO STEMMA DI GROTTAGLIE

 

Lo stemma di Grottaglie si può vedere riprodotto nella Chiesa di S. Chiara, dipinto sullo stipone decorato del 1777, in cui si conserva la statua argentea della Madonna di Mutata, protettrice di Grottaglie. Esso presenta alcune differenze rispetto allo stemma più noto e recente:una mucca sbuca da una grotta sulla quale biondeggiano sei spighe di grano, con in alto al centro la stella splendente a sei punte. La grotta, presente nell’ etimologia dello stesso toponimo, è il sicuro ricovero e la fucina impareggiabile per l’arte ceramica; la mucca e le spighe simboleggiano l’ubertoisa ricchezza dei campi e dei pascoli, mentre le sei spighe richiamano i sei casali che nel 1297 vennero aggregati al casale di Grottaglie (Casal Grande), e cioè Salete, S.Teodoro, Termenteto, S. Vittore, S. Maria de Angaria e Casalpiccolo. La stella a sei punte che sovrasta tutto, indica favore e propiziazione per l’economia rustica del paese.

Inoltre, una scuola di pensiero sostiene che sia la stella a sei punte di David che rappresenta la presenza degli Ebrei nella zona grottagliese (Gravina del Fullonese)

Cappella del Monticello

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La cappella del “Centro Monticello” è stata consacrata il 1 ottobre del 1972 ed è stata intitolata alla Madonna di Lourdes e a San Francesco de Geronimo.

La planimetria della cappella si rifà ad un linguaggio classico dell’architettura clericale quale è la pianta centrale.

L’elemento di novità proposto è l’uso dello stereotipo locale del trullo, caratterizzato dalla robustezza del basamento e dalla particolare forma conica del tetto.

Le caratteristiche peculiari del trullo vengono enfatizzate nella base, mentre la copertura richiama la forma conica, ma stilizzata attraverso delle grosse curvature in cemento armato.

Ad enfatizzare lo stacco tra le due parti architettoniche del basamento e della copertura c’è una vetrata di circa 1,5 metri, che permette la smaterializzazione tettonica tra le parti oltre ad una diffusione costante e tenue della luce.

La copertura è sorretta da 8 grossi pilastri che nella parte basamentale vengono inglobati nella muratura di pietra di Locorotondo dando così un andamento sinusoidale al perimetro interno.

Nella parte superiore le grosse curvature convergono verso un lucernario centrale che permette la luce diretta dell’ambiente.

La superficie utile è di 364 m² e può ospitare circa 400 fedeli.

La sacrestia, attigua al presbiterio, è ricavata da un’introflessione del paramento murario, che lascia inalterata la forma circolare esterna.

Il presbiterio è posto in perfetto asse con l’ingresso al quale si accede per i gradini (simbolo del calvario di Cristo). L’altare prende spunto dall’idea del sarcofago prismatico ed è monolite in marmo.

Il tabernacolo sferico in ceramica è opera del prof. Vincenzo De Filippis su disegno dell’architetto Ginnico, mentre la colonna che sorregge la sfera è in cemento armato.