Cappella santissimi Pietro e Paolo

Tromba tipica della festa dei santissimi Pietro e Paolo
Un piccolo gioiello nel centro storico di Grottaglie
La Cappella SS. Pietro e Paolo
Si trova a due passi dal famoso “Pinnino”
di Franco Marinaro
Quando il direttore di questa testata mi ha chiesto di scrivere della Cappella dedicata ai SS. Pietro e Paolo ho avuto un moto di gioia e di orgoglio al tempo stesso. La ritengo non solo un vecchio edificio ormai ridotto, dallo scempio degli uomini, ad un esile segno della nostra storia, ma qualcosa che va oltre: un luogo nel quale per ben 400 anni è nata parte della nostra memoria, un luogo dove uomini hanno bisbigliato le loro preghiere, madri hanno pianto le loro gioie e le loro passioni, giovani hanno donato le loro speranze e anziani, al far della sera, hanno offerto le proprie mani rugose solcate dal tempo.
Tutto era lì, in quel luogo ormai abbandonato, chiuso non più da una porta di legno di abete, ma da una saracinesca cupa e fredda come il suono prodotto alla sua apertura o chiusura. Persi nell’oblio anche l’odore forte d’incenso, il fumo delle lampade, il profumo delle tovaglie di lino riposte sull’altare di pietra appena lavate dalle donne del “Pennino”. Odori ormai confusi con il lezzo acre dei trattori che uscivano la mattina per rientrare la sera.
Erano chiusi lì, i colori accesi degli artisti di scuola bizantina, delle icone dei SS. Pietro e Paolo, degli Angeli del frontone, del Crocifisso, della Beata Vergine Maria e di San Giovanni Evangelista anch’essi ricoperti, bucati, sradicati dalle mani, non giunte, di uomini.
La prima costruzione della cappella dedicata SS. Pietro e Paolo si rileva da una Bolla dell’arcivescovo Monsignor Marino II Orsini, datata 24 febbraio 1450 sotto il pontificato di Nicolo V. La chiesa fu costruita per devozione da Iacopo Cuceri (Cuscela) e da sua moglie, fu concesso lo “jus patronatus” con la potestà di «scegliere il rettore o cappellano e fargli celebrare nei giorni liberi i divini misteri».
Le uniche informazioni dell’epoca che possediamo, riguardanti la struttura architettonica, ci vengono offerte dal lavoro incommensurabile e dall’amore per il suo paese dal reverendo Don Cosimo Occhibianco, il quale ha tradotto una visita pastorale eseguita a Grottaglie, dall’arcivescovo di Taranto Monsignor Lelio Brancaccio il 2 agosto 1577.
In detta visita si legge che la cappella possedeva due porte, la volta era laminata e coperta da tegole, c’era anche un campanile con una campana. Al suo interno un altare di pietra sopra il quale erano affrescate le icone del Crocifisso, della B.V. Maria e di san Giovanni Evangelista. Tutta la cappella inoltre era dipinta con figure, con lampade e con la pila battesimale. Con ogni probabilità la cappella già dal 1584 offriva il suo spazio antistante per celebrare la tradizionale “Festa delle trombe”, una devozione (forse di influenza pagana) che in seguito fu importata prima dalla tradizione ebraica e poi da quella cristiana.
La Festa fu proibita per qualche tempo dallo stesso Mons. Caracciolo. Per ritrovare notizie certe sulla cappella bisogna arrivare al 1656, data scolpita sulla lapide che si ritrova al suo interno. Qui sono fissati nel tempo i nomi di coloro i quali hanno provveduto alla ricostruzione della chiesa in parte distrutta, forse, dal terribile terremoto che colpì il nostro paese nel 1654: “l’abate Priore Francesco De Ciracì e suo fratello i quali per devozione a proprie spese fecero ricostruire e dipingere la cappella A.D. 1656”.
La cappella dunque viene ricostruita così come è giunta sino a noi: unica nella città nel suo genere, a pianta esagonale, sormontata da un frontone monocuspidale, ed abbellita da un cornicione triangolare nel quale è racchiuso il timpano. Al suo interno dipinti raffiguranti angeli, gli apostoli Pietro e Paolo, lampade ed altre immagini. Cosa sia successo dal 1656 in poi lo possiamo solo immaginare, in quanto non abbiamo notizie certe, l’unica cosa certa avviene nei primi anni Sessanta, vengono commissionati dei lavori di demolizione: l’altare divelto, il pavimento e ciò che custodiva distrutto perché portato al piano stradale per farne garage, le pareti interne ricoperte di intonaco o dipinte, la porta sostituita con una saracinesca. Oggi dopo oltre 400 anni è finalmente aperta ed accessibile a tutti.
Da venerdì 30 dicembre 2005 con la Santa Messa e la benedizione officiata dal Rev. Don Ciro Monteforte (parroco della Madonna del Rosario), non c’è più la saracinesca, non ci sono più i trattori, l’odore acre della benzina o di olio bruciato, c’è un pezzo della nostra storia a disposizione di tutti coloro i quali volessero conoscerla e riscoprirla. È stato un desiderio che si è avverato, ed ora dopo tanto impegno e dedizione. È lì, aperta! Ma quanto ancora c’e di chiuso, dimenticato, lasciato a se stesso? Il desiderio di recuperare il centro storico, la nostra storia, noi stessi, non può e non deve continuare ad essere solo una responsabilità affidata al singolo o una questione meramente urbanistica, ma principalmente un diritto-dovere di tutti: cittadini, enti preposti e chiesa locale.
La visita è gratuita e per tutti coloro che volessero vedere la cappella è possibile, previo appuntamento, rivolgersi al seguente recapito telefonico 347.48