Vincenzo Laviosa

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NOME: Vincenzo
COGNOME: Laviosa
LUOGO E DATA DI NASCITA: 9 maggio 1887, Grottaglie
PROFESSIONE: fotografo, pittore, scenografo
VITA: Nasce a Grottaglie il 9 maggio 1887 da Filomeno Laviosa (giornalista e scrittore) e dall’ insegnante Francesca Marseglia.
Aveva pochi anni quando suo padre, rimasto vedovo, decise di trasferirsi a Taranto, dove intraprese la carriera di giornalista e l’insegnamento in una scuola elementare di Grottaglie. L’attività giornalistica del padre stimolò in lui l’interesse e l’attenzione verso la fotografia. Così, nel 1901, iniziò il suo apprendistato nei laboratori fotografici Iozzi, Desiati, Albano, Cimpincio. Il suo talento e la sua attitudine gli permisero di diventare a soli 19 anni direttore di studio nello stabilimento fotografico Broia a Taranto. Ma ben presto egli passò dal suo laboratorio fotografico nella provincia leccese e successivamente cominciò a viaggiare per tutta l’Italia. In questo periodo elaborò un tipo di lastra che gli permise di ottenere “en plein air” effetti stupefacenti, uguali a quelli che si riuscivano ad ottenere nella galleria di posa.
Ma in seguito ottenne anche altre onorificenze. Nel 1908 ebbe il primo importante riconoscimento: la giuria dell’Esposizione internazionale di Roma gli conferì il Gran premio con medaglia d’oro per gli alti meriti della sua produzione fotografica. Iniziò così la sua brillante, ma breve carriera.
Il servizio militare lo svolse in parte a Roma, quale soldato addetto allo Stabilimento di Costruzioni aeronautiche. Qui, fu adibito a ricerche di micrometallografia e di fotografia di tessuti, nell’ambito delle ricerche sugli involucri destinati ai dirigibili italiani.
Uno degli episodi più celebri legati a Laviosa è quello del ritratto, realizzato il 18 dicembre 1922, al capo del Governo Benito Mussolini. Questi, entusiasta del ritratto, così scrisse sotto la foto: “Al Grand’Ufficiale Laviosa che mi ha finalmente riprodotto come sono”.
Grazie all’incoraggiamento di un suo grande amico, il tenore Beniamino Gigli, nel 1923,  partì da Napoli per New York. Qui, impiantò uno studio fotografico nella East Street.
Ben presto riuscì a conquistarsi la fama meritata.
Il commendatore Vincenzo Laviosa, che nel 1921 era stato insignito dell’onorificenza di Grand’Ufficiale della Corona d’Italia e poi del cavalierato dell’Ordine Mauriziano, ricevette numerose attestazioni di stima.
E maestro della luce Laviosa si rilevò davvero, nei suoi anni in America, grazie alle sue lastre “miracolose”.
Intorno al 1930 Vincenzo Laviosa, che aveva trasferito il suo studio nella centralissima Quinta Strada, divenne punto di riferimento di fotografi e studiosi della fotografia.
 Si spense il 10 dicembre 1935, colto da un male repentino quanto incurabile, lontano dalla sua terra, assistito dal fratello di secondo letto Angiolino, che ereditò il prezioso patrimonio artistico.
 
FONTI BIOGRAFICHE: “Grottaglie nel tempo”, Rosario Quaranta.

Lupo Gennaro

Immagine di repertorio

NOME: Gennaro
COGNOME: Lupo
LUOGO E DATA DI NASCITA: 30 marzo 1877 , Grottaglie
PROFESSIONE: pittore
VITA: E’ tra i maggiori esponenti della scuola pittorica grottagliese.
Nacque a Grottaglie il 30 marzo 1877. Anch’egli come i suoi amici – colleghi, fu allievo di Agesilao Flora, dal quale apprese soprattutto i segreti dell’affresco. Fu tra i primi a frequentare la regia Scuola d’Arte di Grottaglie dove, nel 1894, ottenne il diploma. Insegnò, negli anni della giovinezza, a Maglie, Galatina e a Grottaglie dove intraprese l’attività di affreschista e decoratore. Giovanissimo, nel 1900 vinse il concorso, indetto dal Museo Artistico Industriale di Roma, per la decorazione del soffitto della Chiesa Madre. Egli propose e successivamente realizzò, tre medaglioni (grandi tele ovoidali), nei quali erano rappresentati: l’apoteosi di San Francesco De Geronimo, la Madonna della Mutata, compatrona di Grottaglie (assieme a San Ciro) e, al centro, la SS. Eucaristia. Il soffitto, purtroppo, non è visibile perché nel 1938 fu eliminato nel corso di alcuni dei tanti lavori che hanno cambiato il volto della Chiasa Collegiata, per la corrosione verificatasi a seguito di infiltrazioni dal tetto. Tra gli altri, numerosi incarichi che Gennaro Lupo ricevette negli anni successivi, quello di decorare la Chiesa di Santa Chiara, annesso al convento delle Clarisse, dove realizzò, tra l’altro, le grandi tele istoriate  con la vita della Santa d’Assisi.
La sua attività di insegnante si concluse a Penne (Pescara).
Morì il 3 agosto 1946.     
                                                                                                           
FONTI BIOGRAFICHE: “Grottaglie nel tempo”, Rosario Quaranta.

Lavorazione ceramica e tecnologie produttive

ceramiche, capasone

Le tecnologie produttive relative alla ceramica tradizionale di Grottaglie sono le tecnologie arcaiche, quelle utilizzate nel passato. La materia prima, l’argilla, veniva – e viene tuttora – estratta dalle cave locali. Spesso per produzioni più particolari, per oggetti di particolare raffinatezza, si fa uso anche di argille provenienti da altre parti d’Italia, ma queste si utilizzano per lo più come correttivi alla materia prima locale. Rimane il fatto che, se Grottaglie può vantare una tradizione d’artigianato ceramico, lo si deve principalmente alla possibilità di approvvigionarsi, sin da antica data, di materia prima in giacimenti locali.

Le fasi della lavorazione ceramica, basate su una serie di operazioni che ripercorrono l’antica attività amanuense, sono:

– l’estrazione,
– la preparazione, la purificazione e la plastificazione dell’argilla,
– la foggiatura,
– l’essiccamento,
– la prima cottura,
– la smaltatura,
– la decorazione,
– la cottura finale.

La fase che maggiormente caratterizza Grottaglie è quella relativa alla lavorazione al tornio. Si utilizza un tornio di origine greca e di ispirazione saracena, adatto alla foggiatura degli oggetti circolari: piatti, coppe, vasi. Al vecchio tornio a pedale ormai si è sostituito il tornio elettrico, senza che questo abbia modificato l’attività del torniante che, in ogni caso, realizza tuttora la forma dei vari oggetti grazie all’esperienza, all’abilità personale e alla gestualità consapevole delle sue mani sull’argilla. Un aspetto che Grottaglie può sicuramente vantare a livello mondiale è quello della professionalità dei suoi tornianti. Per ciò che riguarda la cottura, esistono ancora alcuni forni a fiamma libera (forni monumentali), adatti a cuocere oggetti di grossa volumetria, come ad esempio i “capasoni”, enormi vasi che sviluppano un’altezza che può arrivare ai due metri e mezzo, tre metri. Oggi però sono in voga soprattutto i forni a gas o quelli elettrici. Tuttavia, nel complesso, tutti gli apparati che regolano tecnologicamente le fasi produttive sono ancora quelli che hanno caratterizzato la storia di questo particolare prodotto, la maiolica.

Nei vari periodi della sua storia legata all’artigianato ceramico, Grottaglie non si caratterizza per stili ben precisi, ovvero che abbiano una loro connotazione filologica e stilemica individuabile a livello grafico. Si può dire che esistono decori che afferiscono ad aree storiche come i decori post-rinascimentali o quelli del periodo barocco e del periodo neoclassico. Sono decorazioni che, a differenza di altri centri ceramici, hanno sempre la virtù e la particolarità di essere fondati per lo più su motivi generici e/o floreali sinusoidi e spigliati, liberi e fantasiosi. Decorazioni realizzate a mano libera, senza alcun strumento che ne riporti preventivamente il disegno. Questo è sicuramente un aspetto molto importante che finisce per caratterizzare gli oggetti rendendoli eleganti, briosi, vivi, autenticamente umani. Con l’oggetto nel suo farsi, il maestro ceramista stabilisce un dialogo che ha una forte valenza pedagogica: sono proprio la pennellata, la spontaneità del tocco dell’artigiano sullo smalto, l’utilizzazione dei colori tipici della ceramica di Grottaglie a far da tramite fra l’uomo e la sua piccola grande opera in via di realizzazione. Gli smalti scaturiscono da ricette segretissime, vere e proprie formule di cui ogni ceramista è geloso e che altrettanto gelosamente le famiglie si tramandano di padre in figlio. Lo stesso si può dire della composizione dei colori e di alcuni aspetti decorativi. Grottaglie non può vantare, come fa Faenza, famiglie artigiane stilisticamente ben definibili. Si può certamente rilevare che nel periodo settecentesco impera il concetto della serpentina, una linea semisoidale che si intreccia con foglie e fiori dove spesso si inserisce il motivo geometrico. Nella ceramica neoclassica, d’ispirazione più prettamente popolare, troviamo decorazioni che riportano tematiche che oggi potremmo chiamare “naif” per la loro originalità e spontaneità. Se c’è un’influenza che ha avuto per Grottaglie un determinante valore di riferimento, è quella dell’area napoletana, in particolare di quella irpina, specie per quanto riguarda la ceramica d’ispirazione popolare, quella che possiamo definire “spontanea”, che nasce dalla fantasia e dall’immediatezza dell’artigiano nel momento cruciale in cui prende la decisione di ciò che sull’oggetto andrà a decorare con semplicità e passione.

San Marco Girolamo

Il venerabile Girolamo San Marco

NOME: Girolamo
COGNOME: San Marco
LUOGO E DATA DI NASCITA: intorno al 1497, Grottaglie
PROFESSIONE: sacerdote
VITA: Girolamo San Marco nasce con molta probabilità nel 1947; entrò giovanissimo nell’ ordine dei Minimi e conobbe il P. Giuliano Genovesi, compagno di San Francesco di Paola. Insieme col ricordato P. Giuliano fondò il convento di Taranto (1530); pochi anni dopo introdusse i Minimi a Grottaglie.
Facilitato che egli era provinciale, nel 1535 iniziò i primi contatti  che si tradussero nell’ anno successivo e precisamente nel novembre 1536 nel consenso formale da parte della cittadinanza che cedette ai frati in perpetuo tutto il provento del dazio dei pesci, consistente in cinquanta ducati all’ anno.
Fondò poi il convento di Otranto (1542) e tentò di aprire altre due case a Noia (1547) e a Poggiaro (1556). Merito suo fu la costruzione della provincia monastica pugliese dei Minimi che resse per due volte (1535 e 1545).
La fama dei suoi meriti venne riconosciuta nel 1541, quando fu eletto collega generale dell’Ordine del Capitolo I di Valenza cui prese parte; partecipò pure al Capitolo generale di Bologna. Di vita esemplare, offrì ai suoi religiosi un modello vivente di osservanza regolare.
Il P. San Marco, che fu pure sottile teologo e predicatore esimio, godè dopo la sua morte meritata fama di Venerabile. Nella cappella di S. Francesco di Paola nell’omonima chiesa grottagliese si conserva una tela raffigurante appunto il venerabile P. Girolamo in atto di venerare la Vergine Santa.
Morì nel maggio 1562, all’età di 65 anni.
Il padre San Marco è stato ricordato (21 – 24 maggio 1987) in occasione del 450° anniversario di fondazione del convento grottagliese, con una serie di manifestazioni religiose, culturali e artistiche seguite dalla stampa locale. Nella circostanza si è scoperto un suo busto bronzeo, opera del prof. Orazio Del Monaco, nel vestibolo del grandioso complesso che si va gradualmente restaurando e riportando all’antico splendore.
 
FONTI BIOGRAFICHE: “Grottaglie nel tempo”, Rosario Quaranta.

San Ciro d’Alessandria d’Egitto

Foto vincitrice “Uno Scatto per San Ciro 2017”

NOME: San Ciro
DATA  E LUOGO DI NASCITA: III  secolo, Alessandria d’Egitto
PROFESSIONE: medico, poi Santo.
VITA: San Ciro nacque nel III secolo, ad Alessandria d’Egitto. Medico, non per una ricompensa terrena, bensì per quella celeste, nonostante la sua professione, egli fece una vita molto mediocre curando persone che non erano in grado di ricompensarlo. L’unico suo scopo della vita fu quello di far convertire le persone al culto di un Dio e alla fede di Gesù Cristo.
Il Prefetto di Alessandria del periodo di Diocleziano, Siriano, venuto a conoscenza dell’esercizio di Ciro, ordinò subito il suo arresto. Ciro fuggì in esilio nell’ Arabia, al confine con l’Egitto e qui, in solitudine, conobbe un modo migliore per guarire i malati, e cioè attraverso Dio, e con la Sua parola  fu capace di diffondere il valore della luce del Vangelo. Arrivate queste notizie del comportamento di Ciro, Giovanni di Edessea si volle recare ai suoi cospetti per divenire simile a lui. Intanto a Ciro era arrivata la notizia che le vergini Teodista, Teodota ed Eudossia, insieme alla madre Anastasia, erano state prese prigioniere e condotte a Canòpo. Temendo che attraverso le torture o per la debolezza del sesso. queste potessero venire meno alla fede, assieme a Giovanni andò da loro per infondere coraggio. Ma una volta arrivato a Canòpo, Ciro fu scoperto ed incatenato e, sotto gli occhi in lacrime delle stesse donne, fu bastonato e bruciato con delle fiaccole. Ciro affrontò con animo forte queste torture, ed ebbe la stessa forza anche quando fu cosparso d’aceto e sale e immerso nella pece bollente. Tentato ancora molte volte, e rimanendo egli fermo nella fede, il 31 gennaio, colpito con la scure, subì un eroico martirio, al quale fu associato lo stesso Giovanni.