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Tradizioni Perdute

Battaglia giocosa   

RICORRENZA: Battaglia Giocosa

PERIODO: dal  1570 sino al 1787 circa

LUOGO: Grottaglie

PROMOTORE: Il Vescovo Brancaccio

STORIA: Nel secolo XVI non mancavano motivi di preoccupazione, specie nelle zone costiere italiane, per le frequenti incursioni turche, anche dopo la Battaglia di Lepanto del 1571, per cui venivano impiegate molte forze anche di cavalleria, per sorvegliare i litorali presidiati da molte torri di guardia. Aggregato a uno squadrone di cavalleria si trovava il nostro Pietro D’Onofrio (nato nel 1526 a Grottaglie), mentre era di stanza sulla costa calabra nei pressi di Rossano. Qui egli fu protagonista di un episodio eroico così narrato da Ciro Cafforio: << All’alba di un giorno di primavera dell’anno 1575 una flotta di vele barbaresche sbarcò un buon nerbo di pirati con l’evidente intenzione di razziare il territorio. Le vedette della torre dettero il segnale e ben presto il plotone fu agli ordini del comandante (…). Già i due reparti sono in contatto, l’urto avviene ed è formidabile. La masnada turca momentaneamente si sbanda, ma incitata dal suo capo, rinserra le file, si riordina e levando un pauroso grido selvaggio tenta una manovra di aggiramento per sopraffare il valoroso squadrone. Molti maomettani cadono sotto i colpi ben aggiustati dei nostri, ma parecchi cristiani sono balzati di sella, hanno il cavallo ucciso e giacciono feriti mortalmente al suolo. Il momento è terribile. Sembra che il numero debba aver ragione sul valore. Al centro intorno alla bandiera della Mezzaluna, dove certamente si trova il capo dei pirati, si accende una pugna furibonda. In quel punto il comandante dello squadrone fa prodigi di valore, ma purtroppo ci lascia la vita. La perdita è grave (…). Pietro D’Onofrio, allora, con un atto di volontà che solo la fede può produrre, prende il comando del plotone al quale ordina di arretrare. Al riparo di alcuni alberi riordina i superstiti commilitoni, li anima e rincuora e ad alta voce formula una preghiera e un voto: – O Vergine prodigiosa della Mutata, aiuta i figli tuoi! Le insegne dei nemici della cristianità saranno depositate nel tuo tempio a ricordo della tua protezione. Indi con la spada in pugno comanda: – Avanti, in nome di Dio e della Vergine della Mutata! Le prime file dei turchi attendono con orgogliosa sicurezza il nuovo assalto, che questa volta fu un vero colpo di maglio: furono travolte. Il nostro Pietro, alla testa del pugno di valorosi semina la morte tra i nemici; ha già raggiunto lo stendardo della Mezzaluna, con un fendente aggiustato colpisce a morte colui che sembrava il comandante e strappa la bandiera dalle mani del vessillifero. Alte grida di gioia sollevano i cristiani, incitandosi a vicenda in uno sforzo disperato. I pirati vacillano, tentano l’ultima resistenza, ma presi da panico contagioso, prima indietreggiarono e poi fuggirono in disordine verso il mare, che questa volta abbandonarono precipitosamente col danno e con lor scorno. I trofei della vittoria furono il turbante di seta del capo pirata e lo stendardo con la Mezzaluna (…). Per questo fatto d’arme il nostro Pietro fu promosso al grado di sergente>>. 

Ritornato al paese natio, nello stesso anno, il D’Onofrio mantiene la promessa e depone ai piedi della sua Ausiliatrice la <<bandiera, seu insegne, seu vexillum unum… tobalia una serico elaborata quam dicunt “lo turbanti”>>. E perché non si perdi la memoria di tale mirabile accadimento, il Vescovo Brancaccio propone che si celebri tale vittoria con una “guerra giocosa” (proelium jocosum) , da farsi nel bosco che circonda il Santuario della Madonna di Mutata di Grottaglie. Così da quell’anno, ogni lunedì dopo la Pentecoste, divisi in due fazioni (Turchi e Cristiani) e radunatisi nella Piazza Maggiore del Paese (a Grottaglie Piazza Regina Margherita), i contendenti, in perfetta formazione militare si recano al Santuario fuori dal centro abitato e, dopo aver ascoltato la messa ed essersi comunicati, raggiungono una vicina spianata, disponendosi in formazione di battaglia. La medesima si divide in due azioni: alla prima partecipa la fanteria, alla seconda la cavalleria. Vince, naturalmente chi invade il campo avversario. Finita la battaglia, vincitori e vinti, stanchi ed esausti, contenti e rammaricati, consumano “taralli e palomme” all’ombra di centenarie querce, sorseggiando dei fidati “cucchi” rosse gocce di “primitivo”. Sull’imbrunire, a conclusione, “la stessa truppa” si riordina in paese e, con “gli stessi strumenti militari” forma una processione che gira per le vie del paese.

La finta battaglia attira subito l’attenzione dei paesi vicini e per imitazione viene istituita a Taranto il 10 maggio, a Martina Franca il 17 luglio, a Massafra la prima domenica di maggio, ad Ostuni il 26 agosto.

Nel 1787, per un denuncia anonima in cui viene coinvolto l’Arcivescovo mons. Capecelatro (simpatizzante, tra l’altro, per i Giacobini),, la “battaglia giocosa” viene abolita perché <<si è offeso il decoro della vera e regolare milizia>> e contravvenuto <<alla venerazione dell’impresa del re>>.

Pur rammaricati per la fine della loro tradizione civile e religiosa, i grottagliesi , a ricordo ed orgoglio del loro antenato, trasformarono la battaglia in una semplice processione con le torce in abiti borghesi e con candele accese (da qui il nome “torciata”). Ed in siffatto modo è praticata fino al 1935, tra bianche case di calce, quando un pingue centurione della milizia, dopo essersi toccato il fez nero, celebra le lodi dell’italico valore del sergente di cavalleria, antesignano di belliche virtù.

Perduta la festa abbiamo almeno le effige del suo fattore. Nella sagrestia della chiesa di San Francesco di Paola esiste una tela divisa in tre quadrilateri, ove campeggia la figura dell’eroe su di un cavallo bianco, quindi col ginocchio destro a terra mentre rende grazia alla vergine ed infine con  la bandiera a mezzaluna (turca) e la scimitarra nelle mani.