MAGGIO 2016

La nuova frontiera del marketing insegna che per attrarre la curiosità e l’attenzione di un prodotto o sevizio  è necessario raccontare una storia interessante ad esso connessa. A noi grottagliesi piace vincere facile, perché di storie interessanti legate alla nostra tradizione ne abbiamo tante, tutte incantevoli.
Ebbene sì,  #weareinpuglia,  #Grottaglie #cittadelleceramiche, #tradizioni  per dirla in chiave social, visto che oggi per tenersi in contatto col mondo ci devi mettere sempre un hashtag.
Le nostre ceramiche,  famose ed apprezzate in ogni dove,  ci rendono orgogliosi di appartenere ad un terra con delle tradizioni così radicate.  Ci sono racconti che si tramandano anche oralmente da padre in figlio, da nonno a nipote e, ogni volta, il racconto genera nell’ascoltatore uno sguardo tra il rapito e lo stupito. Particolare risalto hanno le storie legate ai manufatti in ceramica: dalla pupa coi baffi, al pumo con le foglie d’acanto, alla tromba di San Pietro e Paolo. La leggenda della pupa risale ai tempi della Grottaglie feudale, quando vigeva la regola denominata “Ius primae noctis”,  ossia il signore del paese aveva la pretesa  (più che il diritto ) di trascorrere la prima notte di nozze con la vergine sposa di un suddito. Si narra che un giovane audace, che faceva il fattore presso il signorotto in questione, volle ribellarsi a tale pretesa e si presentò egli stesso la notte designata, travestito da donna, scordando però di togliere i baffi. La reazione del padrone, dopo lo stupore iniziale, accortosi dello scambio di persona, fu di ilarità. Perciò decise di graziare il giovane,  premiando il suo coraggio. La versione meno allegra, invece, vuole che il giovane sposo venne fatto giustiziare. I mastri ceramisti perciò dipingono la caratteristica pupa con colorati abiti da donna, ma dall’aspetto mascolino, con tanto di baffo.
Il pumo invece ha un significato apotropaico, nei tempi passati infatti gli si attribuiva il potere di allontanare o annullare gli influssi maligni.  Esso rappresenta un bocciolo di rosa, contorniato da foglie di acanto,e vuole celebrare l’arrivo della primavera e della rinascita. A Grottaglie è comune vederne due ai lati dei balconi,  utilizzato sia come abbellimento sia come portafortuna. Si usa regalarlo ai giovani sposi o, in genere, a chi inizia qualcosa di nuovo, come gesto beneaugurante. Esso viene realizzato in moltissime varianti, sia di grandezza che di colore, tutte affascinanti, tanto da divenire anche oggetto da collezione per appassionati del genere.
Oltre al profano il nostro percorso immaginario, nelle variopinte botteghe grottagliesi di ieri e di oggi, si imbatte in una storia legata al sacro: quella delle trombe dei Santi Pietro e Paolo. Tali manufatti sono degli strumenti musicali a fiato in creta che, come narrano i nostri avi, si usava regalare o barattare con i tipici prodotti della nostra terra. La sera del 28 giugno, alla vigilia della festività di San Pietro e Paolo, i ragazzini correvano per le strade del paese favendo un gran baccano soffiando nelle trombe. Il divertimento si prolungava fino alle prime luci dell’alba, momento in cui le trombe venivano buttate a terra e ridotte in cocci per tenere lontani malattie e debiti. Da qualche anno la festa è ritornata in auge e si ha nuovamente il piacere di assistere alla rottura delle trombe, dopo la celebrazione della messa in onore dei Santi.
Tra tradizione e modernità,  tra racconti con c’era una volta e hashtags sui social network quel che conta davvero è il valore storico di ciò che ogni giorno le mani sapienti dei nostri ceramisti creano. Quel grande valore ci accomuna e ci regala qualcosa di inestimabile: l’identità e l’appartenenza.
scritto da Mariangela Annicchiarico