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Le Chiese rupestri della Gravina di Riggio

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Le chiese rupestri della Gravina di Riggio

 

  1. Chiesa Maggiore (Chiesa rupestre del Salvatore)

E’ situata sul greppo sinistro della Gravina. Vi si accede imboccando una strada tagliata pochi metri a Sud della masseria di Tommaso Maggi, in discesa, verso Sud, fra sassi e rocce.

Dopo un percorso, non agevole, di circa 85 metri, si giunge di fronte alla chiesa rupestre, il cui ingresso, demolito, si presenta come l’ingresso di una grotta naturale.

La parete di fondo ha due piccoli absidi: la centrale più grande, la laterale più piccola, contenente ancora il blocco roccioso che costituisce il rudere di un altarino, attaccato alla parete di fondo.

La navata è a base quadrata col lato di circa m 6,30; ha il pavimento di calcare tufaceo a superficie diseguale per il secolare calpestio dei fedeli, e un sedile perimetrale ricacciato dalla roccia, alto centimetri cinquanta e largo settanta.

Agli angoli della parete di fondo vi erano due conche battesimali, dove i catecumeni immergevano i piedi nell’acqua lustrale, mentre contemporaneamente ricevevano l’aspersione del battesimo.

La volta piatta presenta sei anelli praticati nella roccia, dai quali pendevano le lampade a olio o lucerne che si accendevano durante le sacre funzioni.

Sulla parete di fronte all’entrata si aprono due piccole absidi: una al centro e l’altra a destra di chi guarda.

Due strati d’intonaco coprivano tutta la superficie; ora sono ridotti a tante chiazze sulle quali s’intravedono parti di figure.

Sul più antico strato d’intonaco in parte scoperto, si scorge la figura maestosa del Salvatore con grandi occhi a mandorla in mezzo a due santi.

Sul catino della piccola abside si vedono affrescate le immagini: della SS. Vergine al centro, seduta in trono col Bambino Gesù, al lato destro quella di S. Paolo che ha in mano la spada e all’altro quella di S. Pietro con l’evangelario in mano. All’altezza della testa della Vergine si leggono le seguenti lettere: MH XS (Mater Christi).

La decorazione dell’affresco più recente è formata da volute di viticci e di foglie di acanto di color celeste, mentre la più antica presenta un meandro di piccoli rettangoli spezzati, alternati gialli e color d’olio su fondo oscuro.

Al di sopra degli archi trionfali delle due absidiole si vedono pitture di fondo nero.

A sinistra è dipinto un angelo con le ali orlate di rosso; al centro, in un ovale, lo Spirito Santo; a destra forse S. Simeone.

Procedendo dalla porta d’entrata verso l’altare, al parte affrescata è divisa in due zone. In quella superiore si notano quattro santi papi o patriarchi occidentali con abiti pontificali e pallii con croci latine; dietro la testa hanno aureole gialle contornate da linee rosse.

Il primo, da destra verso sinistra, con la mano destra benedice e con la sinistra regge un evangelario; il secondo con identica posa e libro sul quale si nota una croce latina contornata da perline; il terzo e il quarto sono identici ai primi.

Le suddette figure, schierate con severo senso d’immobilità, hanno i caratteri predominanti dello stile orientale.

Seguono nella stessa fascia: un Apostolo; un giovane con la barba corta; un vecchio calvo con lunga barba bianca.

La decorazione figurata delle pareti, dell’attico e del secondo, o più recente, intonaco delle absidiole si può assegnare alla seconda metà del secolo XI.

 

  1. Chiesa Minore

La cripta è formata da tre vani, di cui uno incompleto. Gli affreschi, raffiguranti S. Biagio e S. Simeone, si presentano incompleti. Essi sono affrescati secondo uno schema antico e con stile severo. San Biagio è in posizione eretta e si staglia su di uno sfondo bicolore: nero il superiore, rosso l’inferiore. Di San Simeone è visibile il capo contornato dal nimbo.

Purtroppo, la chiesa minore, attualmente, è ridotta, da quel piccolo gioiello che era, a un rudere molto degradato e spoglio di ogni orna, tentazione pittorica.

 

Le due chiese, maggiore e minore, sono ubicate quasi di fronte, la maggiore sul greppo sinistro, la minore sul greppo destro, raggiungibile dalla Grottaglie – Martina Franca.

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La Chiesa dei Paolotti

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Il chiostro dei Parlotti

Il “Convento dei Paolotti” presenta al centro un chiostro a forma di quadrilatero, costituito da venti arcate a tutto sesto, sorrette da venti colonne.

Queste colonne hanno un aspetto dorico e il materiale utilizzato è carparo del luogo.

Sui tre lati sud-est-ovest, le colonne sono quadrate e sormontate da piccoli capitelli; le colonne del lato nord sono ottagonali e senza capitelli (modello francescano).

Nel chiostro la base è un unico rialzo perimetrale, con due cuscinetti accennati a doppio ripiano; il fusto è senza scalmanature, assottigliato per accentuare l’energia di tensione verso l’alto.

Il capitello si compone di un cuscinetto a linea curva (echino) e di un parallelepipedo (abaco) sul quale poggia un semicatino con foglia ai lati.

Nel piano superiore del lato nord, i pilastri ripetono motivi analoghi a quelli del piano inferiore.

Le volte sono a vela; al centro di ognuna di esse una pigna, di diversa forma, fa chiave di volta.

Sei ampi finestroni luminosi del corridoio di soggiorno del soprastente atrio si affacciano sul lato nord, in proiezione prospettica, conferendo al chiostro eleganza e sontuosità.

Anticamente queste grandi luci del piano superiore erano completamente aperte e senza infissi e i sette massicci pilastri, sormontati anch’essi da capitelli di decorazione analoga al chiostro, variavano, con una sequenza di pieni e vuoti, l’austera uniformità dell’atrio.

Le lunette costituiscono degli elementi decorativi di estrema importanza anche dal punto di vista culturale. Le lunette che accompagnano il viaggio lungo il chiostro sono trentadue.

Quattro sono già all’ingresso. Il primo incontro lo si fa con l’albero genealogico dell’ordine dei “Minimi”. Poi si prosegue con la vita di San Francesco e il racconto si snoda narrando per immagini la storia degli incontri del santo e i miracoli.

I martiri hanno tra le lunette un posto importante. Tra questi vanno ricordati il francese padre Eustachio Aprili e il frate Tommaso Felton.

Il racconto di San Francesco è suggestivo. La sua vita viene rappresentata attraverso i più significativi episodi.

Dall’uscita del deserto all’incontro con l’Arcangelo S. Michele. Dagli episodi dove sono impressi i segni dei miracoli alle immagini che raccontano la canonizzazione.

I medaglioni che raffigurano la vita di importanti personaggi sono situati tra le lunette. I medaglioni sono la recita di personaggi rappresentativi. Interessanti quelli della madre e del padre di San Francesco di Paola: Vienna di Fuscaldo e Giacomo d’Alessio.

Oltre al chiostro il complesso si arricchisce di un altro ambiente che ha una sua valenza architettonica particolare.

Il Refettorio si presenta come un ambiente austero, solenne come una cattedrale gotica, ma di ispirazione cistercense.

 Interno della Chiesa dei Paolotti

La chiesa è costituita da una sola navata centrale con sei cappelle laterali, tre per ogni parte.

Dietro l’altare maggiore c’è il coro, in noce, con quaranta stalli, in due piani.

La titolare è la Madonna delle Grazie, per un’antica edicola di questo nome esistente.

Le sei cappelle sono dedicate rispettivamente, procedendo da destra, all’Assunzione, al Beato Nicola da Longobardi, a San Francesco di Paola, a San Michele Arcangelo, alla Sacra Famiglia, al Beato Gaspare de Bono. La cappellina a destra del transetto alla Madonna del Rosario.

Tutte le cappelle sono in pietra scolpita e strutturate in ridondanti forme barocche. Graziose le due tribune ai lati dell’altare maggiore, decorate con vivacità cromatica. Notevole anche l’artistico pulpito e l’elegante organo (in disuso).

“Vero altare maius”, maggiore per la sua ampiezza e per la ricchezza dei marmi policromi, che incentra la diversità dei toni di tutto il tempio. Il presbiterio è circoscritto dalla balaustra.

Il pavimento è formato da cianche di pietra scalpellata per traverso con sei motivi geometrici.

Cappella di Sant’Antonio

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Una perdita gravissima è stata in questi anni quella della chiesa dei Cappuccini, o di S. Antonio, avvenuta in seguito all’abbandono dell’Ospizio della Mendicità da parte delle Suor Servite: quello che era un edificio dignitoso e carico di storia è divenuto un ricettacolo di immondizie e vandalismo.

Il grandioso complesso conventuale del secolo XVI domina sempre più mestamente la gravina del Fullonese e, purtroppo, pochi reperti sono stati messi in salvo nel vicino convento dei Paolotti, come le tre grandi e magnifiche tele della chiesa appartenenti al secolo XVII.

Antonio Marinaro (senior)

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NOME: Antonio

COGNOME: Marinaro (senior)

LUOGO E DATA DI NASCITA: fine del XV secolo, Grottaglie

PROFESSIONE: teologo

VITA: Nacque sul cadere del XV secolo ed entrò nell’Ordine dei “Carmelitani”, introdotti a Grottaglie nel 1505 per opera del sacerdote D. Romano De Romano. Nel convento grottagliese egli indossò il saio e passò poi ad insegnare teologia nei collegi dell’Ordine a Venezia, Roma e Napoli.

 Nel 1548, era professore di teologia presso l’Università di Roma. Precedentemente, nel 1542, aveva fondato il convento di Bari. Per la sua profonda dottrina, specie nella sacra scrittura, per il talento nell’arte oratoria, per la prudenza e le elette virtù, ascese alle cariche più importanti dell’Ordine: visitatore apostolico in Sicilia, Provinciale perpetuo di Puglia dal 1539 al 1568 (anno in cui rinunciò), procuratore generale. In tale veste partecipò al concilio tridentino, ove si distinse per il valore teologico. Pronunziò infatti tre discorsi ai Padri conciliari, con somma soddisfazione di tutti. Il primo (20 dicembre 1545) trattava della insufficienza della legge mosaica e della necessaria fede in Cristo; il secondo (4 aprile 1546) riguardava la necessità delle opere buone; il terzo fu recitato qualche anno dopo, ma non se ne conosce il contenuto. I primi due discorsi vennero stampati e inseriti nelle raccolte degli atti conciliari.

Si tratta indubbiamente di un personaggio di primo piano della cultura religiosa cinquecentesca, da collocarsi meritevolmente tra i grottagliesi più insigni.                 

Salvatore Mario Trani

 

 Salvatore Mario Trani 

LUOGO E DATA DI NASCITA: 31 luglio 1918, Ischia

PROFESSIONE: sacerdote

VITA: Primo di otto figli Salvatore Mario Trani è nato ad Ischia, da Aniello e Lucia Bianco, il 31 luglio 1918. Da Ischia partì giovanissimo. Una vita apparentemente tranquilla quella del padre gesuita. Ma nella feconda produzione poetica ha rivelato una profonda ricchezza interiore, un elevato concetto della vita in tutti i suoi risvolti e squisita sensibilità artistica. Nel 1934 Trani entra nel Seminario vescovile di Ischia dove frequenta le classi IV^ e V^ ginnasiale. Nel 1934 presso il Seminario campano di Posillipo viene ammesso al primo liceo. Entra nel Noviziato dei Gesuiti in Villa Melecrinis sul Vomero il 20 settembre 1934. Supera come privatista l’esame di maturità classica presso il regio liceo Vittorio Emanuele III di Napoli. Nall’ottobre del 1939 viene trasferito a Gallarate (Varese) per il corso triennale di Filosofia presso l’Istituto Alaisianum dei gesuiti. Il 10 agosto 1942 gli muore la madre all’età di 48 anni. I Superiori lo inviano a Napoli presso il Convitto Pontano alla Conocchia per svolgere le mansioni di istitutore degli alunni per tre anni. Il 21 novembre 1951 consegue la laurea in Filosofia alla regia Università di Napoli. Nel 1945 consegue la licenza in teologia. Il 4 luglio 1948 è ordinato sacerdote da Mons. Fortunato Farina Vescovo di Foggia. Nel settembre 1949 viene inviato all’Istituto Pontano (Napoli) con le mansioni di guida spirituale degli alunni della scuola elementare media. Nel 1950 è a Firenze dove compie il Terzo Anno di formazione prescritto prima dell’ultima professione dei voti religiosi. Nel 1952 è inviato al Seminario pontificio di Reggio Calabria con l’ufficio di vice rettore. Nel 1958 è inviato come direttore spirituale presso l’Istituto Argento dei Padri Gesuiti di Lecce. Il 2 dicembre 1959 gli muore il padre ad Ischia, all’età di 74 anni. Nel 1961 è inviato come insegnante di Lettere nella Scuola Media Presso il Collegio d’Abruzzo. Dal 1967 al 1983 è Docente di Lettere e Preside della Scuola Di Cagno Abbrescia di Bari. Dal settembre 1983 è a Grottaglie dove svolgerà la sua attività pastorale ed è Cappellano delle Suore di Santa chiara. Ha direttola rivista “Tornate a Cristo” dal 1983 al 1996.

 

FONTI BIOGRAFICHE: Rivista di cultura e attualità – n° 2 marzo – aprile 2004, “LA VOCE di Grottaglie”.

 

OPERE

 TESTI POETICI:

  • Ciottoli (Bari, 1976) – Pulviscolo (Bari, 1976)
  • Sottovoce (Bari , 1977)
  • Ultrasuoni (Bari, 1978)
  • Dimensione-U (Bari, 1979) – Ali tese (Bari, 1979)
  • Racimoli  (Bari, 1980)
  • Vento folle (Bari, 1982)
  • Riflessioni (Bari, 1984)
  • Tra le pieghe del tempo (Grottaglie, 1992)

 

 TESTI ANTOLOGICI:

  • Preghiera – Voce della Poesia (Bologna, 1988)
  • Accordi in versi (Bologna, 1989) – Verso la luce (Taranto, 1989) – Sorella luna (Grottaglie, 1989)
  • Cielo (Bologna, 1990)
  • E’ verde il prato (Pomezia, Roma, 1991)
  • Messaggi azzurri (Grottaglie, 1993)
  • Poemetto leopardesco (Grottaglie, 1996)
  • Donna è poesia (Ladina, Bari, 2001)
  • Accordi (LaVOce di Grottaglie, 2004)
  • La corda della vita (di prossima pubblicazione)

 PROSA – NARRATIVA SAGGISTICA :

  • Chiesa del Gesù dei pp. Gesuiti dell’Aquila ( Aquila, 1964)
  • I randagi (Bergamo, 1979)
  • Lo studente (Bari, 1980)
  • Eroi senza medaglia (Bari, 1987)
  • Il peso della parola (Nicola Calabria Editore, 2002)
  • L’Agenda (Grottaglie, 1994)
  • I Gesuiti a Grottaglie (Grottaglie, 1997)

 RICONOSCIMENTI E PREMI LETTERARI:

 

  • “Scrittore del XX secolo”, (Bologna)
  • Premio della cultura “La quercia d’oro” e “Pantheon d’oro”, (Roma)
  • Premio europeo della cultura “San Marino” per l’anno mondiale della comunicazione indetto dall’Onu, (1983)
  • “Premio Europa cultura 1988”, (Bologna)
  • Premio nazionale di poesia “Conca d’oro”, (Palermo,1988)
  • Trani è accademico dei micenei.