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Strade

Via Francesco Crispi, Grottaglie

Bbasciu la Chiazza (giù alla piazza)

E’ l’attuale “Piazza Regina Margherita”. La piazza è stata quasi completamente ricostruita. Il visitatore che si recherà sul posto ritroverà soltanto l’edificio color rosso pallido, essendo stati demoliti gli altri, per dar posto ad una pretura, sotto utilizzata, ed alla piazzetta Rossano.

 

Bbasciu li Camenniri (giù al quartiere dei camini)

 La strada dei “Camenniri” è oggi l’attuale Via Crispi, nota come “Quartiere delle Ceramiche”

La presenza di molti camini ha dato il nome al quartiere, secondo alcuni, facendo derivare da questi il nome “camennri”; secondo altri il toponimo deriva dalla antichissima presenza di un tempio dedicato alle muse Camene.

 

La nghioscia (vicolo cieco)

La “nghioscia” raffigura un sistema di vita ormai sulla via del tramonto.

La disposizione delle porte e dei gradini sono il segno di un’architettura spontanea, che caratterizza il centro storico dei paesi meridionali. Le scale erano costruite, in genere, al di fuori del corpo di fabbrica, a meno che non si trattava di un palazzo signorile. I fiori ornavano i balconi e i terrazzi mentre le piante erano interrate nelle “craste” (vaso panciuto), di produzione locale.

 

La stazione

 La stazione fu realizzata nel secondo decennio del XX secolo.

Il comune, visto l’incremento della ferrovia provvide ad illuminare la strada che collegava la stazione al paese, con l’installazione di otto fanali.

Le condizioni attuali destano preoccupazione: assomiglia ad un carcere poiché le finestre sono state rinforzate con grate di ferro, per difendere l’interno dai vandali e risulta abbandonata da anni.

 

San Pietro (Pittaggio S.Pietro)

La ricorrenza dei SS. Pietro e Paolo era  festeggiata non solo celebrando la liturgia sacra nella cappella ad essi intitolata, ma anche organizzando una bella e caratteristica festa rionale sul piazzale antistante. La porta della chiesa è ora sostituita da una saracinesca, perché il vano è stato affittato come garage. L’edificio risale al 1656, come ricorda la lapide murata all’interno, al di sopra della porta d’ingresso: 

 

SS PIETRI PAOLI DIRUTA ECC(LESIA)

DEVOTONIS CAUSA

TUM

OBSUOR MISSA AUDIETU(R) COMOD(I)T(ER)

PROPRIO AERE CONSTRUI DIPINGI

FECERUNT AB FRANC(ISCO) PRIOR FRATRE

 

 

Sobbla Croce

Le arcate, costruite dopo il terremoto del XXIII sec., sono a sostegno dell’ala seicentesca del castello arcivescovile. Nell’arcata di sinistra, rispetto a chi guarda, si apre porta Castello o porta San Giorgio, dal nome di un’antica cappella, fuori le mura, dedicata questo santo.

La zona è nota col toponimo “sobbla croce”, forse per la presenza, nei pressi di una cappella votiva intitolata a “Santa Maria de Cruce”, ora abbandonata.

 

Sobbla Matalena (sulla Maddalena- largo in Via Risorgimento)

Il toponimo popolare deriva dalla cappella beneficiale, un tempo ivi esistente ed intitolata alla santa.

L’edificio sacro fu, probabilmente, elevato all’inizio del 1500. Questa cappella fu abbattuta nella seconda metà del 1800 per richiesta di alcuni cittadini i quali presentarono al comune una richiesta con cui, in nome del popolo, proponevano la demolizione di detta cappella, per creare una piazzetta che riuscisse a soddisfare i bisogni della popolazione.

Il fondo della piazza è occupato centralmente da Via Forleo, più nota come “lu pinnino” vale a dire il pendio. Le sue case, sostenute da archi, finiscono in Via Risorgimento, un tempo animata da un via vai di persone che si recavano a far compere nella piazzetta della Maddalena dove si svolgeva il mercato, e dove grazie alla presenza della fontana ci si approvvigionava sia d’acqua potabile sia di tutta l’acqua occorrente per le necessità familiari, per chi non aveva ancora la possibilità di installare un impianto d’acqua corrente nella propria abitazione. Alle spalle della fontana, un angolo del Palazzo Cometa,le cui senature e i capitelli si stagliano come colonne sui muri perimetrali.      

Sobblu Cruengu

“Sobblu cruengu” (dal greco grwnos, corroso incavato, caverne naturali) indica una zona piu’ comunemente conosciuta come  “sobbla la villa” ed oggi denominata piazza Principe di Piemonte. “Lu cruengu” era una grandissima cisterna che raccoglieva le acque fluitanti dalle colline vicine. Infatti il toponimo usato ancora da persone di una certa età, vuol dire terreno rugoso o caverna. Quando il paese cominciò ad espandersi al di fuori delle mura, ci si recava per attingere acqua con le pesanti “minzane” di creta (brocche di creta capaci di contenere 10-12 litri), di colore verde nella parte superiore, ocra in quella inferiore panciuta. Le bocche della cisterna erano cinque, allineate su di un’unica fila e tutte intercomunicanti. Il luogo è stato utilizzato fino alla fine degli anni trenta, inizi anni quaranta, non solo per approvvigionarsi d’acqua, ma anche per trascorrervi qualche ora pomeridiana e vespertina nel periodo estivo. Tutto ciò è stato smantellato, la cisterna colmata per dare sistemazione alla villa.            

 

Via Arciprete Maranò

Questo rione caratterizzato da vicoli e “nghjosce” termina nel largo antistante il castello episcopio risalendo l’agile pendio su cui si adagia il paese, “comu nna specchia ti petri mmuntarrata” (come un’ammasso di pietre ammucchiate).    

 

Via Castello

Via Castello prende nome dalla porta omonima e scende verso il centro del paese antico.

 

Via del Littorio

 

E’ l’odierna XXV Luglio. Rappresenta l’espressione dell’espansione urbanistica extra- moderna, cioè fuori le mura.

La regolarità della via e il suo sviluppo rettilineo, indice di modernità, contrasta con la tortuosità del centro storico.

 

Via Garibaldi

Via Garibaldi congiunge via A. Diaz con via Pignatelli, quella che conduce alla chiesa del Carmine, un tempo denominata Case Nuove; il toponimo fu cambiato in via G. Garibaldi.

 

Via XXV Maggio

Di questa via non è rimasto nulla di storicamente valido da salvare o da ricostruire: per chi conosce il paese è rimasto soltanto il rimpianto delle mura quattrocentesche di Giacomo d’Atri (arcivescovo di Taranto dal 1349 al 1378) sostituite da case, avendo favorito, gli amministratori del tempo, la demolizione, col pretesto di intralci urbanistici. Nel linguaggio popolare questa zona che comprendeva parte dell’agro grottagliese delimitato dalla stazione ferroviaria e dalla stessa ferrovia, fino al ponte della carrozzabile per monteiasi, veniva indicata come “bbasciu li sciardenniri”, cioè giù ai giardini. La via è nota anche con il nome “li murenniri” cioè le mura, tratto che collegava porta Sant’Antonio e porta Sant’Angelo.