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Giuseppe Petraroli

Giuseppe Petraroli

Giuseppe Petraroli

LUOGO E DATA DI NASCITA:27 agosto 1874, Grottaglie

PROFESSIONE: sacerdote, predicatore, conferenziere, giornalista, studioso, saggista, musicista, per alcuni anni consigliere comunale e amministratore, per quasi un ventennio arciprete.

VITA: nacque a Grottaglie il 27 agosto 1874 da Francesco, figulo (ceramista) e Mutata D’Abramo, filatrice. Sin da bambino mostrò spiccate propensioni all’arte, alla musica e alla poesia, dotato com’era, per natura, di grande sensibilità.

Scolaro, alle prime classi elementari, era già appassionato di teatro.

A 15 anni scrisse due opere teatrali: “Adala e Renato o I Briganti di Puglia” e “Assaline”, improntati rispettivamente alla poetica e allo stile di Schiller e di Alfieri.

Giuseppe Petraroli compì gli studi ginnasiali e liceali nel seminario diocesano. All’età di ventenni si trasferì a Roma, per gli studi teologici. Dopo appena tre anni, il 13 marzo 1897, venne ordinato sacerdote, nella Basilica di San Giovanni in Laterano.

Proseguì i suoi studi all’università Gregoriana, ottenendo la laurea in Filosofia e Scienze Fisiche e Matematiche.

Quindi, all’Università di S. Apollinare ottenne la licenza in Diritto canonico e civile.

Compì, anche numerosi viaggi in tutta Europa, che contribuirono positivamente alla sua formazione culturale.

A 26 anni tornò a Grottaglie con un grande bagaglio culturale, ma soprattutto un’attenzione particolare alla realtà socio – politica, che seguiva incessantemente attraverso la stampa. Per un anno insegnò filosofia, storia ecclesiastica e musica nel liceo vescovile di Bitonto, dopo di che intraprese la strada dell’oratoria, più consona al suo carattere, palpitante e desideroso di conoscenze e contatti umani.

Don Giuseppe Petraroli fu eletto consigliere comunale nell’ottobre 1902 e restò in carica fino al 18 giugno 1806; per breve tempo, tra il 1903 e il 1904, fu anche assessore.

Oltre a una preparazione adeguata in materia politica, di Petraroli si coglie una formazione puntuale e costante dei problemi di natura sociale e politica. Alla luce dei moti verificatisi nel 1893 e nel 1898 e dell’incalzare delle idee socialiste, Petraroli propose un ruolo sociale della Chiesa, precorrendo i tempi e le idee che porteranno alla fondazione del Partito Popolare di cui egli stesso sarà poi sostenitore, apparendo, tuttavia, piuttosto legato al social-populismo del movimento guelfo d’azione.

Nel dicembre del 1905 partecipò al concorso per la Parrocchia di Grottaglie e il 4 giugno del 1906, a soli 32 anni, fu nominato arciprete della Insigne Collegiata.

Compito particolarmente arduo è valutare il ruolo che egli sostenne quale capo, per circa un ventennio, della Chiesa di Grottaglie. Nell’agosto del 1919, mons. Orazio Mazzella, , dopo reiterate richieste del Petraroli, dettò un regolamento abbastanza rigido, teso a disciplinare maggiormente il clero, perché adeguasse il servizio spirituale alle istanze dei fedeli. Ma la situazione restò sempre tesa, soprattutto all’interno del clero. In un clima così tormentato, che portò persino alla pronuncia dell’interdetto per la Chiesa di Grottaglie da parte di mons. Gazzella, che cercava in quegli anni di tenere il polso fermo con il clero irrequieto, sorse il contenzioso, certo da molti alimentato, tra lo stesso Petraroli e il presule. Un contrasto che ebbe toni molto duri, e che non si risolse neppure con la rinuncia di Patraroli all’arcipretura il 29 novembre 1921, ma andò avanti ancora per alcuni anni..

Ci furono anche sommovimenti popolari, che culminarono con spari in piazza e con l’arresto di Petraroli, l’11 aprile 1924, che rimase un giorno in carcere. Il tutto si concluse anni dopo con la sottomissione del Petraroli, che nel novembre del 1924 chiese perdono al superiore.

Successivamente si trasferì a Monterosso a Mare, nel cui Istituto Magistrale insegnò lettere, quindi a La Spezia, dove fu insegnante di religione all’Istituto nautico.

Durante la Seconda Guerra Mondiale fu cappellano all’ospedale militare di Taranto.

Dal 1945 al 1950 fu direttore spirituale all’Ospedale sanatoriale dell’Infps di Taranto.

Dai suoi concittadini ricevette una medaglia d’oro di benemerenza.

Si spense il 25 gennaio 1953 in seguito a un attacco cardiaco.

 

FONTI BIOGRAFICHE: “Grottaglie nel tempo”, Rosario Quaranta.

Statua dell’Immacolata

Gaspare Mastro, processione dell’Immacolata

Giuseppe Picano                           

(Napoli, doc. 1767-1825)

Immacolata, 1783

Legno scolpito, dipinto e dorato, occhi di vetro;

cm. 175

Grottaglie (TA)

Oratorio della Confraternita del SS. Sacramento.

 

La paternità dell’opera è stata assegnata allo scultore napoletano Giuseppe Picano, a seguito del rinvenimento di un documento pubblicato dalla Pasculli Ferrara nel catalogo della mostra “Confraternite, arte e devozione in Puglia del Quattrocento al Settecento”.

La fonte rivela che la statua dell’Immacolata Concezione del Sacramento, mediante il principe di Cursi, duca di Grottaglie, al noto artista della statuaria lignea napoletana.

Giuseppe Picano, allievo del Sanmartino, evidenzia talento e sensibilità nelle sculture sacre, eseguite a Napoli: si segnalano S. Giuseppe col Bambino del 1771 nella Chiesa di S. Agostino alla Zecca e le sculture in marmo e stucco del 1781 nell’Annunziata.

Nel pregevole  modellato dell’Immacolata di Grottaglie, scolpito in sintonia con le teorie artistiche rococò, l’artista esplicita note di palpitante bellezza e arcadica grazia: l’Immacolata, avvolta da un ampio mantello svolazzante, è rappresentata su una nuvola con due teste di cherubini alati, mentre calpesta con il piede sinistro il serpente e la falce di luna.

Il recente restauro ha riscoperto l’elegante policromia e la raffinata decorazione rococò della veste e del drappo sulla testa; l’ideazione del ricco decoro vegetale e floreale, finemente stilizzato, intrecciato a fasce e nastri d’oro e d’argento, riscontra una conoscenza dell’arte serica napoletana, in particolare dei leziosi broccati coevi.

La composizione ariosa propone tendenze in linea con il linguaggio pittorico del De Mura, miste ad interpretazioni dei moduli dell’arte sanmartiana.

Canti popolari

Immagine di repertorio

Associazione culturale: “Il canzoniere popolare grottagliese”.
 PENZU, RICORDU, CANTU…
Antologia analitica di canti della tradizione popolare grottagliese e jonico-salentina.
Il Canzoniere popolare grottagliese è diretto dal maestro Salvatore Abatematteo. Nasce nel 1988 e ad oggi ha realizzato innumerevoli spettacoli, in particolare concerti del suo vasto repertorio di brani popolari, sia in tournée sia in manifestazioni promosse e/o indette da Enti ed Associazioni pubbliche e private, in ambito locale e nazionale. Il gruppo è composto, tra l’altro, da cantanti e musicisti aventi una già collaudata esperienza nel campo della musica popolare, maturata in decenni di lavoro serio ed approfondito. Salvatore Abatematteo ha curato la trascrizione, gli arrangiamenti e l’armonizzazione vocale- strumentale di tutti i brani del repertorio. Ha compiuto i suoi studi musicali al Conservatorio di Bari: si è diplomato in Canto Artistico e in Canto Didattico seguendo i corsi della professoressa Rosa Pazienza. Ha conseguito i diplomi di “Musica Corale e Direzione di Coro” e di”Composizione”sotto la guida dei maestri A. Renzi, A. Di Martino, R. Gervasio e N. Rota.
Ha seguito poi, ottenendo eccellenti valutazioni, corsi di perfezionamento tenuti da musicisti e insegnanti del calibro di F. Donatoni, C. Berberian, D. Guaccero, R. Maraglino Mori e Mino Bordignon. Insegna Educazione Musicale presso l’Istituto Magistrale Vittorino da Feltre di Taranto, dove tra l’altro, da 25 anni ne dirige il Coro.
Il gruppo nasce nel 1988 con la costituzione della Cooperativa Culturale “Il Canzoniere Popolare Grottagliese”. Il suo primo nucleo è composto da cantanti e musicisti, alcuni dei quali provengono dal “Piccolo Teatro di Grottaglie”, aventi una già collaudata esperienza nel campo della “musica popolare”. Per citare alcune delle esperienze vissute da questi ricordiamo lo spettacolo tenuto in occasione del XV Convegno della Magna Grecia nel 1975 a Taranto; i concerti seguiti nel corso delle edizioni 1977-1978 del “Festival della Valle d’Itria” a Martina Franca (TA); la partecipazione al “Settembre Culturale” di Sesto Fiorentino (FI) nel 1977; il “Palio della Svolta” di Figline val d’Arno (FI) nel 1994, in occasione del quale il gruppo rappresentò la Puglia nella tradizione musicale folcloristica; nel novembre 1996, nel corso di una puntata del programma televisivo di Canale 5 “Paese che vai”, girata a Grottaglie, il Canzoniere fu invitato a rappresentare con alcuni brani la tradizione musicale popolare grottagliese. Sono questi decenni di svariate ed eterogenee esperienze che si fondono sotto la sapiente guida del maestro Salvatore Abatematteo, per far tornare “a nuova vita” una raccolta di canti popolari. La raccolta, che comprende una quarantina di canti, otre che molte poesie, stornelli e “cunti” (racconti di varia natura e dimensione), è frutto della ricerca, durata quasi un’intera vita, del grottagliese Emanuele Esposito, di professione viticultore e ceramista e per passione, grande cultore ed instancabile ricercatore delle tradizioni popolari della nostra terra. Questi decide di mettere la raccolta nelle mani di Salvatore Abatematteo, che conosce dall’adolescenza e del quale apprezza la serietà e l’onestà intellettuale, oltre che le qualità artistiche e professionali nel campo della musica.
Tra i canti della raccolta ricordiamo: “Innu alla Matonna tì lu Carmnu” (Inno alla Madonna del Carmine), “La Notti ti Natali” (La Notte di Natale), “Munachella” (Monachella), “Panarino” (Cestino), “Polici” (La Pulce), “Mieru” (Vino), “Tiscitativi Vagnuni” (Svegliatevi Ragazzi). 
 
 
LA NOTTI TI NATALI                                                          LA NOTTE DI NATALE              
 
Ué la notti ti Natali                                                                     La notte di Natale
È la festa ca cchijù ni vali                                                          è la festa che ha più valore
Ca nascìu nostru Signore                                                           perché nacque nostro Signore
Int’a ‘na povira manciatora                                                        in una povera mangiatoia.
 
Stava ddà n’asiniéddu,                                                               Stava là un asinello,
San Ciséppu lu vécchjriéddu                                                     San Giuseppe il vecchierello 
e pi ‘lu friddu ca facea                                                               e per il freddo che faceva
Maria a lu còri si Lu strincea.                                                    Maria al cuore se lo stringeva.
 
San Ciséppu tinea la fassa,                                                         San Giuseppe manteneva la fascia
la Madonna lu spraniu e Lu ‘nfassa                                           la Madonna il panno e Lo fascia
e no’ tinea ccummitora                                                               e non avendo dove poggiarlo                                                           
e Lu curcò int’ la manciatora.                                                    Lo coricò nelle mangiatoia
 
Iu m’acchjeu a dda via:                                                              Io mi trovai in quel luogo
“Cé Ti tò mamminu mia?                                                           “Che Ti do Bambino mio?
Tegnu ‘nu còri ‘ntrapulatu                                                          Tengo un cuore intrappolato
Tuttu chjnu ti piccatu”.                                                               Tutto pieno di peccati”.
 
Mò ca l’Ancili t’lu ciélu                                                             Ora che gli Angeli del cielo
Ni ticera lu mistéru:                                                                    ci svelano il mistero:
ca sobb’ la terra era natu                                                             sulla terra era nato
lu Fuggju ti Quiru ca nn’ha criatu.                                             il Figlio di Colui che ci ha creati.
 
Mamminiéddu santu e toci                                                         Bambinello Santo e dolce
T’agghju nnuttu quattro nuci                                                      Ti ho portato quattro noci
E ti li cazzi e ti li manci                                                              e le schiacci e le mangi
T’accussi Signurìa no’ chjanci.                                                  così Tu (Signore) non piangi.
 
Mamminiéddu toci e amatu                                                        Bambinello dolce e amato
T’agghiu nnuttu ‘na picciddata                                                   Ti ho portato un pezzo di pane
E ti li manci Signurìa                                                                  e lo mangi, o Signore
Cu Ciséppu e Maria.                                                                   con Giuseppe e Maria
 
Mamminiéddu tré voti Santu                                                      Bambinello tre volte Santo
Figghju a Ddeu e a llu Spiritu Santu,                                          Figlio di Dio e dello Spirito Santo,
Nna grazia Ti cerca lu còri mia                                                  una grazia Ti chiede il cuore mio
Cu Ti ricuerdi a ll’ultima tìa.                                                      che Ti ricordi (di me) nell’ultimo giorno.
 
Mamminiéddu Tu n’è amari                                                      Bambinello Tu ci devi amare
T’li puriéddi no t’n’è scirrai                                                       dei poveri non Ti devi scordare
Ca simu tutti com’a Tia                                                              perché siamo tutti come Te
‘bannunati mienz’a lla via.                                                         abbandonati in mezzo alla strada.
 
 
 
 
MIERU                                                                                      VINO
 
Miéru, miéru, miéru lla lla,                                                         Vino, vino, vino la la
Quist’è llu miéru ca faci cantà                                                    questo è il vino che fa cantare.
 
Quanta bicchieri ti miéru mi bbevu                                            Quanti bicchieri di vino bevo
Tanta pinziéri ti n’capu mi llevu.                                               Tanti pensieri dalla testa mi levo.
 
Miéru, miéru, miéru lla lla…                                                       Vino, vino, vino la la…
 
Tammi lu srulu e no’ llu bbicchieri,                                           Dammi la brocca e non il bicchiere 
Svaca pinziéri, svaca pinziéri.                                                    Cancella i pensieri, cancella i pensieri.
 
Miéru, miéru, miéru lla lla…                                                       Vino, vino, vino la la…
 
Nasci e cresci sobb’lu cipponi                                                    Nasce e cresce sul ceppo di vite
T’lu paramiéntu a llu capasoni.                                                  Dal palmento alla giara.
 
Miéru, miéru, miéru lla lla…                                                       Vino, vino, vino la la…
 
Ci a ggiuvintù mi tava fortezza                                                  Se in gioventù mi dava vigore
Mò ca so vécchju mi tè allecrezza.                                             Ora che sono vecchio mi dà allegria.
 
Miéru, miéru, miéru lla lla…                                                       Vino, vino, vino la la…
 
L’òmu ti miéru quanta camina                                                   L’uomo di “vino” quando cammina
‘nca t’la gghjésia vé a lla cantina.                                              Invece che in chiesa va alla cantina.
 
Miéru, miéru, miéru lla lla…                                                       Vino, vino, vino la la…
 
Cu’ paisani e cu’ furastieri                                                         Con paesani e forestieri
È méggju lu miéru ti la muggjéri.                                              È meglio il vino della moglie.
 
Miéru, miéru, miéru lla lla…                                                       Vino, vino, vino la la…
 
‘nfign’a ca campu cu’ me t’è stai,                                              Finché vivo con me devi stare,
allécr’ allécru tu m’è purtai.                                                       Allegro allegro mi devi accompagnare.
 
Miéru, miéru, miéru lla lla…                                                       Vino, vino, vino la la…
 
 
 
MUNACHELLA                                                     MONACHELLA
La mamma munachella mi vòsi fari                         La mamma monachella mi volle fare
Cumpìti no’l’avea li quindici anni.                           compiuti non avevo quindici anni.
 
La prima nòtti ca turmìu ‘ncunvéntu                        La prima notte che dormii in convento
Venni l’amori mia cu’la catarra.                               venne il mio amore con la chitarra.
 
S’affaccia la patessa t’la finestra:                              S’affaccia la badessa dalla finestra:
“Ci è stu cani can latra qua fori                                 “Chi è questo cane che latra qui fuori?”
 
lassa patessa mea, lassa cantari                                Lascia badessa mia, lascialo cantare
Ch’è lu primu amòri e no’ si pò scurdari.                 Perché è il primo amore e non lo posso dimenticare.
 
Lu còri pozza scuri’a ci munaca mi feci                   Che il cuore di chi mi fece suora si possa spegnere
Comu scurìu la lampada a Santa Chiara                   così come si spense la lampada di Santa Chiara

Palazzi

Immagine di Google, palazzo De Felice

PALAZZO COMETA

Con impianto a sviluppo sincronico, facciata pentacellulare e un elegante giardino padronale nella corte interna, è Palazzo Cometa (anticamente Maggiulli ) databile con precisione al 1603.

 

PALAZZO ETTORRE

Edificio che nasce da un raddoppiamento del corpo preesistente.

 

PALAZZO ORLANDO

Nella piazza principale (Regina Margherita) vi è Palazzo Orlando, databile a prima del 1646 grazie al ritrovamento dello stemma su di una parete appartenente ad un ampliamento di tale periodo. L’impianto di tale costruzione ricalca la logica dei palazzi dell’epoca: al piano terra erano localizzati i depositi e le stalle, raggiungibili direttamente dall’abitazione signorile, sempre posta al primo piano, nell’appartamento nobile, dove troviamo un ambiente doppio rispetto alle cellule normali.

 

PALAZZO PIGNATELLI

Su via Mastropaolo si affaccia il Palazzo Pignatelli (sec. XVII), sede di una delle famiglie più cospicue di Grottaglie.

 

PALAZZO DEL SECONDOGENITO O URSELLI

Di fronte al monastero di S. Chiara è il palazzo del Secondogenito, già appartenuto alla famiglia Cicinelli e attualmente noto come Palazzo Urselli; risale al secolo XVII.

Presenta una semplice facciata e un interessante cortile adiacente al portone di ingresso dall’aspetto tipicamente spagnolo, e ciò conformemente alla dominazione che si ebbe a Grottaglie in quel periodo.

 

PALAZZO BLASI

Palazzo Blasi presenta una facciata barocca, anche se molti sono gli elementi posteriori all’impianto originario. Una notazione importante: l’ingresso non viene posto sulla strada principale (simmetricamente rispetto alla facciata), ma è sacrificato sull’angolo della strada trasversale, per renderlo visibile dalla vicina piazza.

 

PALAZZO DEI PRINCIPI CICINELLI

Il palazzo fu costruito nella piazza principale dalla nobile casata napoletana nella seconda metà del secolo XVII. E’ un monumento deturpato sia perché trascurato in seguito all’abbandono dei proprietari per l’abolizione della feudalità; sia per i vari riadattamenti subiti.

Il prospetto è stato rifatto e stravolto nel secolo scorso per cancellare il ricordo feudale.

Nelle lunette dell’atrio si possono ancora vedere alcuni affreschi con scene e personaggi collegati alla famiglia dei feudatari.

 

PALAZZO DE FELICE

Palazzo De Felice è un imponente immobile del XVIII sec. (nel frontespizio della facciata si legge la data 1767) collocato nella suggestiva cornice di P.zza S. Lucia, nel centro storico.

L’edificio, prospiciente un grande giardino interno, fu acquistato da Comune di Grottaglie nel biennio 1987-88. Dopo circa dieci anni si è proceduto alla ristrutturazione del palazzo che versava in stato di avanzato degrado.

Con il suo corpo di fabbrica di stile barocco, aggiunto alla vecchia costruzione, è uno di quegli edifici che sul finire del XVIII secolo mutano il volto della città.

Pasquale Imperatrice

Immagine di repertorio

NOME: Pasquale Tommaso Maria
COGNOME: Imperatrice
LUOGO E DATA DI NASCITA: 27 agosto 1881, Grottaglie
PROFESSIONE: avvocato, scrittore, pubblicista, storico, esponente di spicco del Fascismo
VITA: Pasquale Tommaso Maria Imperatrice nacque a Grottaglie il 27 agosto 1881. Nei primi anni del Novecento era già a Taranto, dove svolse la sua professione di avvocato, ma ben presto si distinse come polemista e giornalista di indubbia personalità. Dal 1913 al 1920 diresse “La Libera parola”, organo del partito pro-Taranto. Sempre a Taranto ricoprì importanti incarichi nelle pubbliche amministrazioni.
Durante la grande guerra riportò una mutilazione che gli conferì indubbio prestigio: l’autorità morale completò la figura di “uomo forte” su cui egli fece perno durante quel regime, nel corso del quale egli fu una vera e propria istituzione.
Organizzatore dell’Ufficio Stampa assieme a Raffaele Morione e Nicola De Benedectis, egli sostituì quest’ultimo alla guida del Fascio nell’agosto del 1921, mostrando di saper manovrare le fila della fazione politica; tanto che, al Terzo congresso fascista, a Roma, Imperatrice venne nominato all’Ufficio di Presidenza. Ma il Fascimo jonico era percorso da lotte intestine  e lo stesso Imperatrice si dimise dal Partito il 4 giugno del 1922, pur essendo stato eletto dalla Direzione Segretario del Direttorio.  
Egli, comunque, continuò ad essere onnipresente nella vita politica e culturale del capoluogo. Collaborò con moltissimi giornali, da “Il Mattino”, passando da “La Gazzetta del Mezzogiorno”, a “El Diario Ilustrado” (di Santiago del Cile, nazione che gli conferì onorificenza al merito della Repubblica) e diresse inoltre “L’Indipendente”, “La Fiaccola” e “La Parola Libera”.
Collaboratore del Comune di Taranto, nel quale pubblicò saggi storici, come “Vicende Storiche Taratine dal 1848 al 1870” e “Tarantini dell’ 800”.
Insomma, come è stato giustamente detto, Imperatrice è  stato, nei primi decenni del secolo,  un personaggio davvero onnipresente.
Pasquale Imperatrice morì a Taranto il 16 gennaio 1962.
 
FONTI BIOGRAFICHE: “Grottaglie nel tempo”, Rosario Quaranta.